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giovedì 15 gennaio 2009

ARTE Chi sono i veri padroni del mercato

Repubblica — 06 dicembre 2007 pagina 38 sezione: CULTURA


Lo stato dell' arte. Ottimo, apparentemente. A guardarlo attraverso i numeri c' è da gioire. I musei statali e gli scavi archeologici nel 2006 hanno superato i 34 milioni di visitatori, le esposizioni temporanee i sei milioni. Se aggiungiamo pinacoteche e gallerie civiche si raggiunge facilmente quota cinquanta milioni. E' un' intera nazione che si sposta in continuazione in nome e per conto dell' arte antica e contemporanea, il più grande esercito mai sceso in campo in tutta la storia del nostro paese, del mondo se rapportiamo il dato alla grandezza dell' Italia. Si potrebbe definire un record dei record che - stando alle previsioni - sarà sicuramente bissato in questo 2007 ma non altrettanto facilmente nel futuro. Questa gioiosa macchina da guerra, che sposta persone d' ogni nazionalità e muove affari - direttamente e indirettamente - per centinaia di milioni di euro, presenta vistose crepe. La prima, la meno appariscente ma forse la più pericolosa, riguarda l' università, gli insegnamenti artistici. A livello mondiale gli italiani contano sempre meno. E' chiusa da tempo l' epoca delle star, di Adolfo Venturi, Pietro Toesca, Roberto Longhi, Cesare Brandi, Giuliano Briganti, Giulio Carlo Argan; è scemata l' era delle dispute sull' occhio del critico, «l' occhio storicizzante, l' occhio del conoscitore dei tempi e delle epoche» che per l' intero Novecento ha scatenato durissimi scontri attributivi su Caravaggio o Rubens; ed è giunta al termine la carriera dei successori dei grandi maestri della storia dell' arte, studiosi di straordinario valore come Mina Gregori, Paola Barocchi o Maurizio Calvesi. In generale non hanno lasciato eredi di grido. Di conseguenza abbiamo davanti un' università sempre più povera di docenti in grado di attrarre gli studenti e al contempo cresce, ma non in Italia, il numero delle specializzazioni, non per un periodo storico vastissimo, ma per artisti. E su questo fronte le università, soprattutto quelle anglosassoni, spesso strettamente alleate alle proprie istituzioni museali, stanno conquistando spazi e potere. Dominano riviste, saggistica, editoria specialistica in ogni grado di qualità. Oggi per avere notizie su certi artisti antichi è più facile rivolgersi oltre Oceano che in Italia, stessa cosa per gli arredi, per arazzi o tappezzerie, per arrivare addirittura al presepe napoletano: è la mostra che il Metropolitan offre durante queste festività natalizie. A fronte di tutto questo non corrisponde nel nostro paese - altro punto dolente - la necessaria attenzione nei confronti di un patrimonio artistico in grado di spostare, come narrano le statistiche, cinquanta milioni di persone. L' ordinaria manutenzione dei beni è da tempo dimenticata, si procede per strappi e interventi straordinari, tanto violenti che è stata chiesta una moratoria, uno stop ai restauri. Il degrado e l' abbandono, lo sporco, le montagne di cartacce oleose sono ben visibili al Colosseo, con i suoi finti centurioni e le notti cariche di sesso, che ogni anno attrae due milioni di visitatori, o a Pompei, attraversata da un milione e duecentomila persone di solito accompagnate da grignanti cani selvatici, da custodi in ciabatte. Brutte visioni a cui sono da aggiungere le grandi delusioni, un ventennio di promesse, di speranze accese da ministri di governi tecnici, di sinistra, di centro destra. E' una Grande Italia quella che è stata disegnata ma che ancora non s' è vista e dove dovrebbero incontrarsi i Grandi Uffizi, la Grande Brera, le nuove gallerie dell' Accademia di Venezia, la Grande Barberini. Meraviglie, magnifici musei di un' Italia che per ora è rimasta da sogno ma per la quale il ministro Francesco Rutelli spende fede e parole anche se solo poche cose sono state fatte, non ci sono fondi, i lavori non sono appaltati. Ci vorranno decenni per arrivare a scrivere la parola fine. Più ottimista appare, nonostante tutto, la situazione dell' arte contemporanea, forse perché è il momento storico, perché è «fashion». Abbiamo, per la verità, un passato straordinario dove si incrociano l' Arte Povera di Germano Celant, la Transavanguardia di Achille Bonito Oliva, un passato che ha lentamente portato alla formazione di un pubblico di massa. Quest' anno la contestata Biennale di arti visive diretta da Robert Storr ha superato i trecentomila visitatori. Non accadeva da venticinque anni. E' un segno eclatante di un altro fatto: non è più vero che in Italia mancano i musei d' arte contemporanea. C' è ormai un vero e proprio tour che parte da Torino, dal Castello di Rivoli, che ha una collezione che comprende opere di Long, Merz, Paolini, Pistoletto, Sol Lewitt, Vedova, Cattelan. A Rovereto è nato il Mart, su progetto di Mario Botta, a Bologna, il Mambo, a Prato il Pecci, a Roma sono in costruzione il Macro, con un progetto di ampliamento dell' architetto francese Odile Decq e il Maxxi, il museo nazionale disegnato da Zaha Hadid, a Napoli è ormai perfettamente funzionante il Madre, un museo sta per aprire a Palermo, in Sardegna, a Nuoro, è funzionante il Man. A queste istituzioni legate al pubblico vanno aggiunte quelle private. E' ormai un lunghissimo elenco che comprende la Fondazione Sandretto e la Fondazione Merz di Torino, la Fondazione Prada di Milano, la Fondazione Maramotti di Reggio Emilia, la Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia (che riesce ad attirare più di trecentomila visitatori), la Fondazione Querini Stampalia e la Fondazione Bevilacqua La Masa, Palazzo Grassi che è controllato dal magnate francese Pinault e presenta a volte bene e a volte maluccio la sua collezione, la raccolta d' arte ambientale di Giuliano Gori, che si trova a Celle, non lontano da Pistoia, ed è una delle più belle al mondo. Vanno poi sommate le esposizioni temporanee. Sono un gran bell' affare: per "America" che s' è appena aperta a Brescia il bilancio è di otto milioni di euro, per "Cézanne" a Firenze era di 3,5 milioni di euro, per Raffaello era di un paio di milioni. Complessivamente più di quaranta milioni l' anno di investimenti con costi sempre più alti, saliti per i trasporti, le assicurazioni, e i quadri. Oggi il prestito generalmente non è gratuito, ha un prezzo. Si parte dai quarantamila euro e si sale verso l' alto per i capolavori. Questa è la cornice generale del Bel Paese che troppo spesso, però, si dimentica dei propri artisti e spalanca i portoni a galleristi e soprattutto mercanti che hanno interessi personali: presentano opere per moltiplicarne il valore attraverso l' esposizione. Usano le nostre istituzioni per creare una pubblica valorizzazione. In un momento storico come quello odierno in cui il mercato dell' arte si è trasformato, almeno parzialmente, in uno strumento finanziario sono giochi assai pericolosi. Vietati in Borsa. A sparger voci sulle quotazioni azionarie si rischia l' arresto. Non accade sul mercato dell' arte contemporanea dove i mercanti acquistano e riacquistano le opere dei propri artisti e ne modificano il corso e le stime. L' ultimo caso è quello di Larry Gagosian che per oltre 23 milioni di dollari ha comprato Tag, Cuore sospeso di Jeff Koons, visto - guarda caso - a Palazzo Grassi. L' artista americano, noto presso il grande pubblico per aver sposato la pornostar Ilona «Cicciolina» Staller, è uno degli artisti della scuderia del signor Larry Gagosian, che è considerato una potenza mondiale e da oggi uno dei protagonisti di "Miami Art Basel". Il 15 dicembre aprirà una galleria anche a Roma, atto dovuto perché si occupa in maniera sistematica dell' archivio di Cy Twombly, altro americano - legatissimo a Roma - assai celebre, le cui quotazioni difficilmente scendono sotto i cinque milioni di dollari e per il quale sta preparando una mostra la Tate, ovviamente destinata a sbarcare in Italia. E il Bel Paese sembra destinato a subire, anzi ha già subito, l' irresistibile fascino di «Larry», come lo chiamano tutti quelli che dicono di essere suoi amici. Negli ultimi due anni istituzioni pubbliche (statali o comunali) hanno organizzato non meno di venti mostre dedicate ad altrettanti artisti della scuderia Gagosian. Sarà un caso, come sostengono i direttori dei musei, ma non v' è dubbio che tra Roma, Rovereto, Bergamo, Napoli, Milano sono stati esposti più «stranieri» che italiani: Ghada Amer, Rachel Whiteread, Ed Ruscha, Richard Serra, Richard Hamilton, Damien Hirst, Takashi Murakami. Sembra in corso, sensazione assai spiacevole, una strisciante colonizzazione che investe sia l' arte antica sia l' arte contemporanea. E lo stato dell' arte del nuovo millennio senza statistiche appare a stelle e strisce. Che fare? si chiese Mario Merz in una celebre installazione del 1968. Che fare? -
PAOLO VAGHEGGI

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SRM