La repubblica di Haiti, che occupa un terzo dell’isola Hyspaniola, è uno degli Stati più poveri del mondo, classificato al 175° posto per reddito pro capite, sulle 208 nazioni censite dalla banca Mondiale. La sua è una storia dove violenza, povertà, catastrofi naturali, si intrecciano da sempre, una sorta di maledizione, soprattutto se si guarda alla vicina Repubblica Dominicana, l’altra parte dell’isola, meta di vacanze più o meno esclusive e nazione non toccata dal terremoto del 12 gennaio. A partire dal Seicento, gli scontri politici e militari si sono susseguiti senza sosta. Inizialmente fu la Spagna a mandare l’esercito a spopolare l’isola perché i cittadini spagnoli commerciavano illegalmente con i francesi. Gli uragani e un’epidemia di vaiolo si aggiunsero alla guerra per il predominio tra Spagna e Francia nella seconda metà del Seicento fino a quando si giunse a un accordo, nel 1731, sui confini delle due potenze europee.
Fu nel 1794 la prima svolta politica per Haiti, quando un ex schiavo, Toussaint Louverture, alleato dei francesi, ricacciò nella parte orientale gli spagnoli, per invaderla e liberarla nel 1801. Tre anni dopo, il generale Jean-Jacques Dessalines proclama l’indipendenza di Haiti, che divenne la prima repubblica mondiale governata da neri. Ma qui inizia un percorso destinato a trascinare nella dittatura il piccolo stato caraibico. Dessalines si autoincorona imperatore e stermina i bianchi rimasti nella nazione. Ucciso in un’imboscata, Dessalines lascia in eredità una guerra civile che si conclude solo nel 1849, quando la metà orientale dell’isola si dichiara indipendente col nome di Repubblica Dominicana. Nel XX secolo entrano in gioco anche gli Stati uniti, che nel 1915 invadono l’isola, confiscano i depositi d’oro, riorganizzano la costituzione e sciolgono l’esercito.
Gli Usa lasciano Haiti nel 1934, quando nell’isola la divisione tra neri e mulatti raggiunge il livello di guardia. Nel 1956, elezioni palesemente truccate portano al potere Francois Duvalier, detto "papa doc". La parte mulatta della popolazione rifiuta l’elezione e Duvalier assolda quelli che verranno chiamati "ton ton macoute", dal nome di un personaggio mostruoso delle fiabe, delinquenti pagati per uccidere gli oppositori del regime. Nel 1971, alla morte di Duvalier, sale al potere il figlio, "baby doc" Jean Claude, che continua la politica di repressione violenta degli oppositori. L’unica possibilità rimasta a Haiti, il turismo, crolla negli anni Ottanta, quando la repubblica viene considerata ad alto rischio per il virus dell’aids. Duvalier è costretto all’esilio e Haiti vive un periodo segnato da colpi di stato militari, che portano al potere di volta in volta Henri Namphy, Prosper Avril eil giovane prete Jean-Bertrand Aristide. Un altro golpe, nel 1991 con migliaia di morti, costringe Aristide alla fuga dall’isola. Vi ritorna, tre anni dopo, protetto da Jimmy Carter, presidente Usa. L’uragano Georges del 1998 aggiunge morti e danni a una nazione sempre più povera, prima della fuga nella Repubblica Centrafricana di Aristide, accusato nel 2004 di avere atteggiamenti simili a quelli di un dittatore, e prima del sisma di pochi giorni fa.
Fu nel 1794 la prima svolta politica per Haiti, quando un ex schiavo, Toussaint Louverture, alleato dei francesi, ricacciò nella parte orientale gli spagnoli, per invaderla e liberarla nel 1801. Tre anni dopo, il generale Jean-Jacques Dessalines proclama l’indipendenza di Haiti, che divenne la prima repubblica mondiale governata da neri. Ma qui inizia un percorso destinato a trascinare nella dittatura il piccolo stato caraibico. Dessalines si autoincorona imperatore e stermina i bianchi rimasti nella nazione. Ucciso in un’imboscata, Dessalines lascia in eredità una guerra civile che si conclude solo nel 1849, quando la metà orientale dell’isola si dichiara indipendente col nome di Repubblica Dominicana. Nel XX secolo entrano in gioco anche gli Stati uniti, che nel 1915 invadono l’isola, confiscano i depositi d’oro, riorganizzano la costituzione e sciolgono l’esercito.
Gli Usa lasciano Haiti nel 1934, quando nell’isola la divisione tra neri e mulatti raggiunge il livello di guardia. Nel 1956, elezioni palesemente truccate portano al potere Francois Duvalier, detto "papa doc". La parte mulatta della popolazione rifiuta l’elezione e Duvalier assolda quelli che verranno chiamati "ton ton macoute", dal nome di un personaggio mostruoso delle fiabe, delinquenti pagati per uccidere gli oppositori del regime. Nel 1971, alla morte di Duvalier, sale al potere il figlio, "baby doc" Jean Claude, che continua la politica di repressione violenta degli oppositori. L’unica possibilità rimasta a Haiti, il turismo, crolla negli anni Ottanta, quando la repubblica viene considerata ad alto rischio per il virus dell’aids. Duvalier è costretto all’esilio e Haiti vive un periodo segnato da colpi di stato militari, che portano al potere di volta in volta Henri Namphy, Prosper Avril eil giovane prete Jean-Bertrand Aristide. Un altro golpe, nel 1991 con migliaia di morti, costringe Aristide alla fuga dall’isola. Vi ritorna, tre anni dopo, protetto da Jimmy Carter, presidente Usa. L’uragano Georges del 1998 aggiunge morti e danni a una nazione sempre più povera, prima della fuga nella Repubblica Centrafricana di Aristide, accusato nel 2004 di avere atteggiamenti simili a quelli di un dittatore, e prima del sisma di pochi giorni fa.
TRATTO DA http://www.vivereinarmonia.it/attualita/speciali/articolo/haiti-storia-di-golpe-e-cataclismi.aspx
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